JAMIE, MONZESE PER CASO (e per poco)
“Oh. Io ho abitato a Monza per un breve periodo, anni fa”.
1 agosto 2017.
Il luogo è un insospettabile pub – Amsterdam Ale – sulla Amsterdam Avenue, a Manhattan (New York). La mia estemporanea interlocutrice si chiama Jamie. L’occasione è speciale, molto speciale. Di lì a poco, concerto dei Blondie, nel vicino Beacon Theatre. Per l’occasione, Barry L. Kramer, numero uno tra i Blondiesti, ha organizzato un raduno tra noi appassionati del gruppo. E, nella caotica informalità che caratterizza i raduni alla Barry, capita di fare conoscenze inattese.
Jamie farebbe Moroni di cognome, che più italiano non si può: le sue radici pescano però nelle Marche, non in terra lombarda.
“È bella Monza”, commenta la signora. Nella nostra città era stata per poco: 2-3 mesi, se la memoria non mi inganna. Trasferta del marito, per ragioni di lavoro. “Poi un giorno, camminando, sono entrata in quel bellissimo Parco”, prosegue la newyorkese. Non sa con chi ha a che fare, essendo il sottoscritto notoriamente malato di Parco.
Ha bei ricordi, la nostra Jamie. E da un cassetto spunta, proprio l’altro giorno, un foglietto legato alla sua parentesi monsciasca. Una nota di un celebre albergo nostrano relativa ad una telefonata: la nascita del suo figlioccio. Unico rimpianto del suo soggiorno nella nostra terra: non essere stata presente all’evento.
Il foglietto può far bella mostra anche su queste pagine facebook, piccolo legame tra Jamie, il sottoscritto e la città di Teodolinda. E, va da sé, il nostro Parco.
Il concerto? Si colorerà di note poco luminose. Il tanto atteso “Meet and Greet” (incontro col gruppo pre-esibizione) si rivelerà amara delusione. Debbie (voce solista) non diede il meglio di se stessa: quando canta nella sua New York si emoziona ancora, anche dopo oltre 40 anni di carriera. Pive nel sacco per il sottoscritto? Be’, non avrei immaginato quello che mi attendeva al concerto Blondie del giorno dopo, a Philadelphia. Ma queste sono altre – anche se magiche – storie.
Matteo Barattieri
1 agosto 2017.
Il luogo è un insospettabile pub – Amsterdam Ale – sulla Amsterdam Avenue, a Manhattan (New York). La mia estemporanea interlocutrice si chiama Jamie. L’occasione è speciale, molto speciale. Di lì a poco, concerto dei Blondie, nel vicino Beacon Theatre. Per l’occasione, Barry L. Kramer, numero uno tra i Blondiesti, ha organizzato un raduno tra noi appassionati del gruppo. E, nella caotica informalità che caratterizza i raduni alla Barry, capita di fare conoscenze inattese.
Jamie farebbe Moroni di cognome, che più italiano non si può: le sue radici pescano però nelle Marche, non in terra lombarda.
“È bella Monza”, commenta la signora. Nella nostra città era stata per poco: 2-3 mesi, se la memoria non mi inganna. Trasferta del marito, per ragioni di lavoro. “Poi un giorno, camminando, sono entrata in quel bellissimo Parco”, prosegue la newyorkese. Non sa con chi ha a che fare, essendo il sottoscritto notoriamente malato di Parco.
Ha bei ricordi, la nostra Jamie. E da un cassetto spunta, proprio l’altro giorno, un foglietto legato alla sua parentesi monsciasca. Una nota di un celebre albergo nostrano relativa ad una telefonata: la nascita del suo figlioccio. Unico rimpianto del suo soggiorno nella nostra terra: non essere stata presente all’evento.
Il foglietto può far bella mostra anche su queste pagine facebook, piccolo legame tra Jamie, il sottoscritto e la città di Teodolinda. E, va da sé, il nostro Parco.
Il concerto? Si colorerà di note poco luminose. Il tanto atteso “Meet and Greet” (incontro col gruppo pre-esibizione) si rivelerà amara delusione. Debbie (voce solista) non diede il meglio di se stessa: quando canta nella sua New York si emoziona ancora, anche dopo oltre 40 anni di carriera. Pive nel sacco per il sottoscritto? Be’, non avrei immaginato quello che mi attendeva al concerto Blondie del giorno dopo, a Philadelphia. Ma queste sono altre – anche se magiche – storie.
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