domenica 21 settembre 2008

Parlando di mammiferi



Sulle specie di mammiferi presenti nel Parco le informazioni disponibili sono scarse e frammentarie.
I nostri abituali contatti con i rappresentanti di questa classe sono pochi: minilepri (che hanno conosciuto una recente esplosione demografica), scoiattoli (sempre più facile incontrarli, e per fortuna non si hanno segnalazioni della specie americana, potenziale minaccia per il nostro scoiattolo rosso), qualche riccio e, la sera, qualche pipistrello. Di alcuni – volpe, mustelidi, per fare degli esempi -esistono solo sporadiche segnalazioni.
Ignoti ai più, a causa di abitudini crepuscolari o notturne, di un comportamento schivo e di dimensioni ridotte, esiste nel parco un nutrito drappello di piccoli mammiferi (topolini, crocidure, toporagni, arvicole, ghiri, talpe, …) la cui esistenza si manifesta a noi solo attraverso le tracce che lasciano: resti di alimentazione, escrementi, tane, accumuli di terra.
L’attività di studio di questi animali si basa sull’analisi delle tracce, sulla cattura mediante trappole e, più raramente, mediante l’osservazione. Non va infine sottovalutata la preziosa attività di “raccolta dati” condotta dai predatori naturali di queste specie. È nota l’abitudine di molte specie di rapaci notturni (classico esempio nel parco di Monza è quello dell’allocco) di rigettare i resti indigeribili delle loro prede in forma di borre, rigurgitate da posatoi fissi e di facile individuazione (per gli esperti). L’analisi delle borre (che contengono essenzialmente peli ed ossa, per quel che riguarda i mammiferi) permette non solo di trarre conclusioni sulle preferenze alimentari degli uccelli, ma anche sulla diversità e consistenza delle prede.
L’ispirazione per questa breve riflessione me l’ha data il gatto che frequenta la cascina Frutteto. Abile predatore, la cara felina (è una femmina) mi ha procacciato, nelle scorse settimane, ben tre arvicole in giorni consecutivi. Non sono un esperto. Mi sono limitato a fotografarle e a misurarne la lunghezza (93mm, coda inclusa), prima di lasciarle al loro naturale destino. Probabilmente si tratta di una arvicola di Savi (Microtus savii), ma sono preparato alla smentita degli esperti

1 commento:

  1. Bravo Alberto, bell'articolo! A quando il prossimo? Dopo un lungo periodo di assenza abbiamo ricominciato a scrivere su "Tracce di natura..."

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