Lamenta, la mia interlocutrice che "le piante sono danneggiate, ci sono rami per terra, tronchi... sono malate!?". Tranquillizzo subito la signora. Non mi risulta che gli aceri in oggetto siano malati o morti. Nei giorni scorsi, in effetti, avevo visto delle cataste di rami. Facile immaginare si tratti di materiale abbattuto dal fortunale della fine di agosto.
domenica 29 novembre 2020
12 novembre 2020 Quei filari ad aceri lungo la vecchia Pelucca
Lamenta, la mia interlocutrice che "le piante sono danneggiate, ci sono rami per terra, tronchi... sono malate!?". Tranquillizzo subito la signora. Non mi risulta che gli aceri in oggetto siano malati o morti. Nei giorni scorsi, in effetti, avevo visto delle cataste di rami. Facile immaginare si tratti di materiale abbattuto dal fortunale della fine di agosto.
23-29 novembre 2020 Diario della settimana
domenica 22 novembre 2020
Tra pedali e calabroni
14 novembre 2020
venerdì 13 novembre 2020
Il ritorno del castoro
Il castoro torna in Sudtirolo, dopo 400 anni.
Pustertal: Ritorno del castoro
giovedì 5 novembre 2020
La dura legge del letame ovvero come risolvere un annoso problema
Ci han provato e ci provano in tutti i modi. Regole e regolamenti, cartelli e comunicati stampa. E le GEV (Guardie Ecologiche Volontarie) perennemente - più o meno, anche per loro gli anni passano, e l'orizzonte non sembra costellato di adeguato ricambio - di stanza sui prati di Parco e Giardini. Niente da fare. La piaga dei cani senza guinzaglio rimane questione annosa, e di complicata soluzione.
Ma lei, la soluzione, può presentarsi quando meno te la aspetti. E prende le estemporanee sembianze di un automezzo agricolo. E' il 5 novembre. Puntata al Parco. I prati a nord della Cascina Frutteto, more solito, sono tempestati da padroni e relativi cani: liberi, questi ultimi, e senza museruola. Una tranquilla sgambata, come sempre, in barba a regole e leggi, anche nazionali. Ma non siamo soli. Sul prato s'avanza, inconsapevole deus ex machina, uno spandiletame. Direttamente dalla Cascina Molini di San Giorgio. Il camion è bello carico. Pare quasi discreto nella sua azione: il letame viene sparato dal fondo del cassone. Dai prati s'alza un fumo caratteristico. Merita qualche istantanea il processo. L'archivio, il mio archivio personale, mette insieme nuovo materiale. La traiettoria dell'automezzo è placida e segue il tipico andamento bustrofedico. Ma sufficiente a creare il panico tra i summenzionati proprietari di cani. E' un fuggi fuggi generale, come neanche da retata in una bisca di quarta. "Aiuto" (sic), grida una signora, atterrita, cercando di recuperare il suo quadrupede. Che avrà finalmente, forse, guinzaglio al collo, come prescrivono le disposizioni.
In un battito di ciglia, il raduno ha trovato rifugio su uno dei prati adiacenti, un filare di alberi a far da schermo e rassicurante protezione contro l'olezzante invasore. Il letame, intanto, fuma sul prato, assecondando noncurante i propri ritmi. Non credo - in tempi di lavoro da remoto, poi - che dalla vicina Cascina Fontana (sede del Consorzio) abbiano assistito alla scena. Sarebbe stata da delibera immediata: si acquistino (o noleggino) mezzi spandiletame per azione a tenaglia contro i cinofili incalliti. Ma quando si fa una cosa, va fatta bene: gli automezzi siano dotati di tubo per uscita a spruzzo, come da scenari sudtirolesi. Magari con gittata da catapulta; e prevedendo di caricare a ganga (ovvero a liquami). E pensare che c'è chi leva, in rete, alti lai contro la fertilizzazione dei prati del Parco
Matteo Barattieri
mercoledì 4 novembre 2020
Tutti pazzi per gli aironi guardabuoi
Il marasma più totale contraddistingue la mia abitazione, tra scatole che contengono di tutto - da reagenti chimici a reperti naturalistici, da apparecchi per fare il vuoto a pezzi da ferramenta, da supercalamite a filtri per raggi solari -, cumuli di libri e documenti, contenitori di tutte le fogge. Un ammasso di ciarpame, raccolto in forma compulsiva. Roba che fornirebbe materiale per tesi in psichiatria o che, in alternativa, manderebbe in analisi fior di studiosi del cervello umano.
La premessa parrebbe totalmente fuori tema. Minga tropp. In giro, avrei una bella collezione di penne di airone guardabuoi. Cercarla sarebbe arduo cimento. Ci proverò. Anche se, date le scadenti (eufemismo) capacità grafiche del sottoscritto, si presentano da schifo: attaccate su fogli, alla buona. La classificazione - le penne principali hanno una numerazione definita e codificata; per le altre penne e piume inserisco sui fogli indicazioni sulla localizzazione precisa - sarebbe anche accurata, ma la resa per il potenziale interlocutore invero pietosa. Insomma: l'alunno si applica ma è davvero scarso.
Sul campo, intanto, i nostri guardabuoi si fanno valere. Oggi, 4 novembre, Egidio Papini segnala almeno una cinquantina di esemplari. Ma il nostro Egidio ha fatto giusto una stima alla buona. Più preciso è il Marco Casati, uno degli invero pochi membri della tribù del binocolo monsciasca. Il 2 novembre, Marco segnala ben 147 guardabuoi, sul prato dell'ex-ippodromo (o Prato del Mirabello).
All'appello non poteva mancare una delle nostre sentinelle sul Parco. La sempre bravissima Carola Besana. Farebbe Lalla per gli amici, ma Carola è nome troppo bello per declinarlo in diminutivo. Carola (o Lalla) è sul campo il 2 novembre, a sua volta. Obbiettivo, anche per lei, cercare i guardabuoi: quando si dice stare sulla notizia o al passo coi tempi. E li trova, la nostra. Posati sul citato prato dell'ex-ippodromo e, anche, sul prato a nord della Casalta, dove c'è un curioso abbeveratoio, memoria di un passato agricolo mica poi tanto lontano. La foto qui sotto è sua.
Rimangono le penne. Dai, un giorno le tiro fuori. Col pensiero che l'attuale entropia della mia abitazione potrebbe essere su livelli peggiori. Un incendio nel 1987 si era portato via tutto, facendo tabula rasa di qualche lustro di vita. Ma queste sono altre storie.
Matteo Barattieri
Comitato Parco di Monza
lunedì 2 novembre 2020
Non è terra per fungiatt
Foto di Lorena Paleari
A volte il vernacolo arriva nettamente prima dell'italiano. Come si traduce fungiatt? Il termine indica i cercatori e gli appassionati di funghi. Esiste la parola fungaiolo. Ma anche questo è termine regionale, della attuale Toscana.
Il periodo è quello classico: l'autunno porta funghi, e attiva i cercatori. Giova ricordare che in realtà questi organismi sono presenti tutto l'anno. Ovvero: i loro corpi fruttiferi - la classica accoppiata gambo + cappello ma non solo - maturano in ogni stagione. Ogni periodo dell'anno ha i suoi funghi.
Il nostro Parco non fa, ovviamente, eccezione. Il Gruppo Micologico Vittadini di Monza - che fa capo alla Associazione Micologica Bresadola, nazionale - dedica da sempre energie e tempo ad una attività di campo. Il risultato è di grande interesse: oltre 500 specie censite nel nostro Parco. Un importante elemento di biodiversità. Il lavoro ha anche prodotto un volume.
Studiare i funghi di una area come il nostro Parco non è mica solo esercizio accademico o sfogo per fanatici. Nossignori. Oltre a fornire un ulteriore tassello in quel mosaico chiamato conoscenza del patrimonio naturale di una area, ci mette a disposizione anche importanti note gestionali. Il mondo micologico comprende anche specie parassite, che possono, in talune circostanze dar vita ad insidiose patologie per la flora. Diviene quindi fondamentale avere a disposizione questi dati per chi ha il compito di curare il nostro Parco.
Non sono esperto del settore, confesso, anche se anni fa ho avuto modo di seguire un corso tenuto dal gruppo locale. Corso di alto livello, ben condotto dai relatori.
I funghi attirano tanti in questo periodo per i boschi. Importante ricordare che nel Parco la raccolta è vietata, ed è consentita solo agli autorizzati, ovvero quelli del Gruppo Vittadini. Il motivo è facilmente intuibile: immaginate cosa può succedere se decine o centinaia di persone prendono a battere il sottobosco. Il divieto, va da sé, è esteso anche a frutti, erbe e affini.
Ma qual è il corrispondente italiano di fungiatt?
Matteo Barattieri
Comitato per il Parco di Monza