mercoledì 25 dicembre 2019

E la Roggia Pelucca è di nuovo in azione

24 dicembre 2019

E rieccola, la Roggia Pelucca.
Le piogge dei giorni scorsi hanno riattivato il Fontanile.

Lo storico corso d'acqua è da tempo inattivo. Traeva la sua alimentazione da un Fontanile, sito all'interno dell'area data in concessione al golf. Il nome - Pelucca - deriva da una località a Sesto San Giovanni, che fu punto di arrivo del ramo principale della Roggia. L'abbandono di decenni ha comportato, da tanti anni, il prosciugamento del sistema di acque.
Il tracciato è comunque ancora perfettamente conservato nel Parco.







A partire dagli anni '90, tuttavia, la Roggia riesce a dare ancora segnali di vita. Quando piove in modo intenso e per periodi prolungati, la falda acquifera sotterranea si ricarica e riesce a rifornire la nostra Pelucca.

Per noi appassionati di Parco, è quasi un imperativo andare a controllare, ogni volta, fin dove arriva l'acqua.
In questa foto, il punto di arrivo delle acque, ieri 24 dicembre 2019.




La cartina mostra il punto.



Passi successivi? Saremo pronti a seguire il progressivo ritiro del fluido.


Non è tutto.
Ormai regolarmente, sul prato vicino alla Roggia, si forma una piccola pozza, quando le piogge sono abbastanza consistenti. Il prato bagnato: un gioiello per il naturalista, che si trova, in pieno Parco, a sognare di lande lontane dove acquitrini e erbe più o meno parzialmente sommerse dominano l'orizzonte.

La mappa sottostante mostra l'ubicazione della pozza, oltre al punto di arrivo della Pelucca. Sempre il 24 dicembre.






Il 25 dicembre, un controllo delle acque ha mostrato la presenza di qualche forma di vita animale: larve di chironomidi. I chironomidi sono insetti affini a mosche e zanzare.


Matteo Barattieri

giovedì 5 dicembre 2019

Serata Gianni Brera: un grazie a tutti

Serata Gianni Brera: un grazie a tutti

"Quando fate la prossima?", hanno chiesto in tanti alla fine della serata, ieri 4 dicembre 2019. Successo di critica e pubblico, come si dice. E ci ha fatto piacere.
Ci hanno fatto piacere, sì, l'interesse e la partecipazione di chi è venuto a celebrare il centenario della nascita del Gioann Brera. Li ringrazio tutti.

E un grazie va ai miei compagni di viaggio per una sera. A Marco Pirola e Carlo Gaeta per le note su Brera e le interessanti e divertenti divagazioni sul mestiere del giornalista. A Renato Ornaghi per le sue versioni in dialetto di brani beatlesiani. A Michele Fierro per averci prestato la sua voce per le letture di brani breriani.
E un grazie speciale e di cuore va all'Eugenio Galbiati, per la squisita cortesia ed ospitalità.

E un grazie, va da sé, al Gioann Brera, per me e per tanti maestro inarrivabile.

Matteo Barattieri

martedì 17 settembre 2019

Anche il Parco di Monza al Convegno Italiano di Ornitologia 2019

Ci sarà anche il Parco al prossimo Convegno Italiano di Ornitologia (CIO XX).

Settimana prossima a Napoli: 25-29 settembre 2019.

Presentiamo un poster sui nidificanti. Frutto delle attività svolte negli anni, e dei censimenti effettuati quest'anno.

Potete scaricare il pdf del poster da questo blog.
Oppure direttamente da qui

Poster Convegno Ornitologia 2019

La grafica è pessima, e me ne assumo le responsabilità.

Un grazie a tutti i miei collaboratori.

Matteo Barattieri




lunedì 2 settembre 2019

E PER SEDILE UN MOTORE A SCOPPIO

E PER SEDILE UN MOTORE A SCOPPIO

Correvano gli anni ’80. Il tema autodromo scaldava gli animi, più o meno come oggi. Anzi, forse di più, con i due schieramenti – pro e contro – ben attivi.

La sponda autodromista – l’altra sponda, per noi sostenitori del vecchio Parco – organizza un convegno sul tema. La platea è tutta per il circuito, e per la sua permanenza a vita sotto i cieli monsciaschi. E con la platea, anche la teoria dei relatori, moderatore compreso. La sequenza degli interventi è risaputa agiografia ed ecumenico panegirico, condito dei più triti stereotipi. “Gloria e lustro per il territorio”, “Tradizione sportiva”, “L’immagine di Monza nel mondo” “Monza nota nel mondo per….”, fino alle ammorbanti note su un indotto tuttora da dimostrare.

Ma ci vuole – tributo alla, anzi maldestro conato di una par condicio ancora là da venire – anche un intervento dall’altro versante.
“E adesso sentiamo la voce di una persona contraria….”, annuncia il moderatore. Sul palco viene chiamato Virginio Bettini. Da Nova Milanese, il personaggio è gloria locale: docente universitario e uno dei massimi esperti al mondo di ecologia urbana; nel cv, anche un mandato come parlamentare europeo. Tra i primi lavori svolti, proprio un saggio sulla decadenza del nostro Parco e sulla presenza devastante della pista.

Da buon brianzolo, il Bettini mica le manda a dire. E a schiettezza di favella, aggiunge anche una faccia tosta che va oltre la chutzpah ebraica. E che lo spinse ad avvicinare una Sharon Stone d’annata in un ristorante californiano. Ricavandone, il giorno dopo, un invito a pranzo a casa della summenzionata diva. “Purtroppo, c’era anche marito”, commenterà gustosamente il nostro.
Il moderatore annuncia il nome del Bettini e la sua qualifica come esponente verde. Dai convenuti partono bordate di fischi e insulti. Il conduttore prova a calmare la canea per 2-3 volte. Niente da fare: in ogni occasione sono improperi, che coinvolgono anche la malcapitata genitrice dell’ecologista.

Alla fine, il pubblico si calma. Il Bettini mica perde imperturbabilità. “Dirò solo poche parole”, esordisce il prof. Che così prosegue “Voi siete il portato della civiltà contadina cui han messo sotto il fondoschiena” – il vocabolo usato sarebbe un poco meno castigato – “un motore a scoppio”.
La frase non fa in tempo ad arrivare al suo capolinea. Dalla folla si alzano in tanti, e inferociti. L’inseguimento termina fuori dalla sala. Dove il Bettini troverà la propria macchina in fiamme.
Mani mica tanto anonime gli faranno pervenire una vettura nuova di zecca il giorno dopo, a compensare danni ed offese.

Matteo Barattieri

sabato 31 agosto 2019

30 agosto 2019: Venne il giorno del Canapino Maggiore e della Calopsitta

Foto di Roberto Brembilla


30 agosto 2019

Venne il giorno del canapino maggiore....





Leonardo Siddi osserva un canapino maggiore al Parco. La foto, di Roberto Brembilla, mostra le caratteristiche del volatile.
Prima segnalazione registrata per la specie.

Osservazione fugace: l'animale si è dileguato subito. Purtroppo, coi migratori è così.
Di sicuro, ci sfuggono molte cose. Siamo pochissimi e dovremmo essere lì 24 ore su 24. Al Parco, i migratori spesso si fermano giusto qualche istante. Impossibile. Dovremmo essere in UK o negli USA, dove l'osservazione degli uccelli è sport nazionale.

... e della calopsitta
Attirati dalla osservazione del Leonardo, io e il Marco Casati ci siamo precipitati al Parco. Il simpatico Marco, con tanto di carrozzina e bimba neonata: certe abitudini vanno apprese fin da piccole. Il nostro abbandona dopo poco il campo. E una calopsitta (un pappagallo) svolazza in zona Cascina Frutteto: prima osservazione per il Parco.  Chi si contenta....


Matteo Barattieri



ANIMAZIONE SUL FIUME


(un articolo di Edo Melzi, che ringraziamo)

In piena città e non nel Parco: ho già avuto modo di parlare del tratto di Lambro cittadino che scorre parallelo a via Azzone Visconti e del ponte che lo scavalca. In questo tratto la presenza di germani ed altri anatidi è pressochè costante: interessante che non manchi la gallinella d’acqua, rallide estremamente comune in Italia ed in Europa, ma non per questo meno affascinante da osservare! Ieri, domenica 25 agosto, le gallinelle erano ben quattro: due adulti con l’inconfondibile piumaggio nero, solcato da una barra laterale bianca, e due giovani, con piumaggio brunastro e la barra meno marcata. La loro presenza rivela l’adattabilità della specie e la sua propensione a colonizzare aree in prossimità dei centri abitati o, addirittura, all’interno di essi. Osservazioni che non ti aspetti in una domenica mattina di fine agosto!


Edo Melzi

lunedì 19 agosto 2019

UNA PRESENZA SORPRENDENTE

un articolo del nostro Edo Melzi, che ringraziamo


UNA PRESENZA SORPRENDENTE

Faccio eco al bell’articolo di Matteo per evidenziare altre caratteristiche di questo superpicchio, il nero appunto, che affascina, stupisce e sorprende.
Devo dire che quando ho saputo della sua nidificazione nel Parco sono rimasto letteralmente sbalordito. Il nero, infatti, come già sottolineato da Matteo, è un tipico abitatore delle foreste estese, dotate di un numero significativo di grandi alberi, anche marcescenti, in cui il nostro scava crateri a scopo alimentare e, aspetto importante, un bel foro per la nidificazione. Di conseguenza un volatile esigente, che non si accontenta di poco. Proprio per questo nidifica su tutto l’arco alpino, dalla Valle d’Aosta al Friuli, dove trova un ambiente favorevole. Sull’Appennino è presente, ma più localizzato. Si rinviene, infatti, nell’Appennino tosco-emiliano, nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, in Sila e in Aspromonte.

Conseguentemente ci si potrebbe chiedere perché abbia nidificato nel Parco. Può darsi che, la sua discesa in pianura, sia stata favorita da migliorate condizioni ambientali complessive nella suddetta area.

Francamente, guardandomi attorno, non mi sembra di percepire tale miglioramento. Vedo un continuo proliferare di nuove costruzioni a scopo abitativo, spesso inutili, dal momento che la loro erezione, talvolta, non risponde ad un bisogno reale, ma solo a quello del costruttore; per non parlare poi della qualità dell’aria, sempre in bilico. Non c’è bisogno di ricordare che, durante ogni inverno, siamo assediati da polveri sottili e ristagno delle sostanze inquinanti. E allora? Forse la risposta sta in una cartina della zona. Se si osserva il Parco, magari dall’alto, lo si vede come un’oasi rigenerante di verde in mezzo al grigio diffuso. Alberi, prati, siepi, rogge ed un fiume in mezzo al dilagare incontrollato del cemento. Il picchio nero se ne sarà sicuramente accorto, ne ha approfittato e si sarà trovato bene. Sembra una fiaba a lieto fine ma è realtà.
Il mio augurio è che la sua presenza nel Parco diventi costante e che tutti noi impariamo a rispettare questo straordinario ospite!


Edo Melzi


giovedì 13 giugno 2019

13 giugno 2019 - Al Parco col binocolo (parte seconda): è gradito l'abito scuro


Al Parco col binocolo (parte seconda): è gradito l’abito scuro

30 marzo 2019. Il messaggio viaggia rapido dal mio cellulare ai gruppi whatsapp dedicati. “Trovato nido del picchio nero”. Con testardaggine tutta brianzola, perlustravo da qualche tempo l’area frequentata dalla specie. E in un albero a ridosso di un sentiero e poco distante da una stradina, il nido. L’ubicazione rimane confinata ad un gruppo ristretto. In buona sostanza, i quattro addetti alla indagine ornitologica. Cui si aggiunge, meritato posto d’onore, il Marco Casati da Monza, che fornisce contributo prezioso, condito da proverbiale stile, alla causa. Specie amata dai fotografi, ahinoi, il picchio nero. Rivelare siti di nidificazione può significare compromettere la buona riuscita della covata. Fotografi naturalisti: i bracconieri del 2000, in tanti, troppi casi.
Il bellissimo picchio – il più grande sul territorio della vecchia Europa – affascina non poco. Nel passato, era specie confinata alle aree montane. Da alcuni anni, l’animale ha esteso il suo areale, occupando via via zone di pianura, dal Varesotto a, quasi, il Milanese. Nel nostro Parco, è stato segnalato per la prima volta nel novembre 2017. Le osservazioni di quest’anno sono le prime a documentarne la nidificazione. L’espansione può essere collegata alla sempre maggiore disponibilità di piante vecchie nelle zone di pianura, tra boschi, parchi, giardini. La specie non è nemmeno poi così elusiva o diffidente.





Seguiranno osservazioni da parte della nostra allegra brigata. Due i piccoli, un maschio ed una femmina. Fino al 25-26 maggio. Il giorno 27 maggio, il nido è silente: piccoli involati, in cerca di fortuna.
Del picchio nero ho raccolto alcune emissioni vocali, oltre ad alcune tracce di attività al nido. Ma queste sono altre storie. Alla prossima


Foto di Giovanni Fontana e Francesco Checco Ornaghi (dell’associazione CROS Varenna)

Matteo Barattieri

lunedì 10 giugno 2019

10 giugno 2019 - Al Parco col binocolo (parte prima): scarpette bagnate

Al Parco col binocolo (parte prima): scarpette bagnate

“Ta me dii ca faseum i strad e i sentee…”, sacramenta il Checco, che non indossa gli stivali come gli altri della comitiva. Sbagliare calzatura quando si è sul campo non è mai cosa buona. È come, nel pallone, fallire nella scelta dei biroeu (tacchetti per l’italiano).
È il 18 aprile 2019. Il progetto: da anni, dal 2004, non vengono effettuate indagini approfondite e complete sugli uccelli del nostro Parco. In questo caso, l’obiettivo è fotografare la situazione dei nidificanti. E partiamo, a ridosso dell’alba, col binocolo al collo. Una civetta fa capolino dal tetto di un manufatto: rimane sempre un mistero capire dove nidifichino le tante civette del Parco.
Il gruppo si compone di vari elementi: accanto al sottoscritto, Massimo Brigo da Muggiò, Italo Magatti da Monza, e il summenzionato Ornaghi (Francesco o “Checco”) da Macherio. L’erba bagnata del mattino suscita suggestioni, e non solo lamentele. Ma la concentrazione deve essere massima. Si usano il binocolo o, eventualmente, la specola – più familiarmente, il cannocchiale –, e le orecchie. Ogni specie osservata o sentita viene puntualmente annotata. Dice: “ma il Parco è grande… lo girate tutto?”. Domanda appropriata. Facciamo riferimento ad una griglia cartografica, utilizzata su una piattaforma internet europea, Ornitho, nata per riportare e condividere osservazioni di uccelli. Nel tempo, Ornitho si è allargata ad altri gruppi animali, dai rettili agli insetti, dai mammiferi alle specie esotiche dannose. La griglia citata è formata da quadrati di un km di lato. Nei vari quadrati ci muoviamo su un percorso lungo 1 km, registrando le nostre osservazioni.




Un bel lodolaio – un falco dal volo rapido – attraversa il nostro cammino. Prevalgono, va da sé, le specie forestali. Passiamo anche dalla ben nota garzaia, termine tecnico che indica un condominio di nidi di aironi. Quest’anno, i nidi sono 4. Ma la stella è lui, il picchio nero. Ne parleremo più avanti. E qualche specie è ancora in migrazione. Le condizioni meteo rimangono stabili, elemento a nostro favore. Il Parco comincia a contare i suoi frequentatori, che accorrono col passare delle ore: uno dei motivi per i quali è meglio muoversi nelle prime fasi del mattino.
Tecnicamente, sono anche i momenti durante i quali i pennuti sono più attivi, soprattutto dal punto di vista canoro. A fine giornata, il totale dei quadrati coperti assomma a 5 su un totale di 13: non male. Alla prossima, e tutti con l’equipaggiamento adeguato alla bisogna.

Matteo Barattieri

lunedì 25 marzo 2019

25 Marzo 2019 - Jamie, Monzese per caso (e per poco)

JAMIE, MONZESE PER CASO (e per poco)


“Io sono di Monza”, dico.
“Oh. Io ho abitato a Monza per un breve periodo, anni fa”.
1 agosto 2017.
Il luogo è un insospettabile pub – Amsterdam Ale – sulla Amsterdam Avenue, a Manhattan (New York). La mia estemporanea interlocutrice si chiama Jamie. L’occasione è speciale, molto speciale. Di lì a poco, concerto dei Blondie, nel vicino Beacon Theatre. Per l’occasione, Barry L. Kramer, numero uno tra i Blondiesti, ha organizzato un raduno tra noi appassionati del gruppo. E, nella caotica informalità che caratterizza i raduni alla Barry, capita di fare conoscenze inattese.
Jamie farebbe Moroni di cognome, che più italiano non si può: le sue radici pescano però nelle Marche, non in terra lombarda.
“È bella Monza”, commenta la signora. Nella nostra città era stata per poco: 2-3 mesi, se la memoria non mi inganna. Trasferta del marito, per ragioni di lavoro. “Poi un giorno, camminando, sono entrata in quel bellissimo Parco”, prosegue la newyorkese. Non sa con chi ha a che fare, essendo il sottoscritto notoriamente malato di Parco.
Ha bei ricordi, la nostra Jamie. E da un cassetto spunta, proprio l’altro giorno, un foglietto legato alla sua parentesi monsciasca. Una nota di un celebre albergo nostrano relativa ad una telefonata: la nascita del suo figlioccio. Unico rimpianto del suo soggiorno nella nostra terra: non essere stata presente all’evento.

Il foglietto può far bella mostra anche su queste pagine facebook, piccolo legame tra Jamie, il sottoscritto e la città di Teodolinda. E, va da sé, il nostro Parco.
Il concerto? Si colorerà di note poco luminose. Il tanto atteso “Meet and Greet” (incontro col gruppo pre-esibizione) si rivelerà amara delusione. Debbie (voce solista) non diede il meglio di se stessa: quando canta nella sua New York si emoziona ancora, anche dopo oltre 40 anni di carriera. Pive nel sacco per il sottoscritto? Be’, non avrei immaginato quello che mi attendeva al concerto Blondie del giorno dopo, a Philadelphia. Ma queste sono altre – anche se magiche – storie.
Matteo Barattieri

sabato 16 febbraio 2019

15 febbraio 2019 Primo canto del fringuello: comincia la primavera

IL PRIMO CANTO DEL FRINGUELLO: COMINCIA LA PRIMAVERA.
foto: Mario Maino
Un poco in ritardo rispetto al solito, il primo canto del fringuello (maschio) è arrivato per me questa mattina.
Orario: 7.35.
Il luogo non è propriamente monsciasco: in quel di Melzo dove ero di passaggio, diretto a Settala. Muoversi in bici aiuta: si colgono al meglio i suoni del circostante, anche in mezzo al rumore del traffico.


Il primo canto del fringuello marca per il sottoscritto, da anni, l'inizio della primavera. Primavera biologica, potremmo dire con accento, sui generis, scientifico.
Nota a margine. Il caldo di queste giornate c'entra poco. Il fringuello - e in generale i pennuti - segue l'andamento del ciclo giorno/notte per riprendere a cantare dopo la pausa invernale. E' la variazione nella lunghezza del dì a rimettere in attività canora la specie. E primavera sia.
Un grazie a Mario Maino, autore della bella immagine di fringuello maschio.



martedì 15 gennaio 2019

14 gennaio 2019 - IWC conteggio acquatici svernanti


14 gennaio 2019 IWC conteggio acquatici svernanti al Parco






“Ne avrai da fare…”, commenta qualcuno via facebook. Segnalare in rete la mia presenza qui ha due, malcelati, scopi: garantire un poco di visibilità ad una attività altrimenti limitata alla cerchia dei sempiterni addetti ai lavori, e tenere vivo il proprio spazio nel mare della rete. In realtà, il compito non si rivela dei più improbi e faticosi: non siamo mica in una grande area umida. Dopo tutto, è solo il Parco di Monza, con un paio di ambienti d’acqua da censire.
IWC: l’acronimo sta per International Waterbird Census. Molti percorrono centinaia o migliaia di chilometri ogni anno, altri rimangono più o meno stanziali: sono i pennuti acquatici. A gennaio, la situazione si fa più stabile. Tolti alcuni pendolarismi giornalieri – toccano specie come i cormorani e i gabbiani, vedi sotto –, questi uccelli rimangono nelle zone di svernamento. Una rete di censitori – a professionisti del settore, mondo universitario compreso, si mobilita per coprire le aree umide. Obiettivo: avere una fotografia della situazione delle popolazioni di queste specie.

Ogni area umida degna ha una sigla di riferimento. Tra i settori meritevoli di inserimento nella lista mondiale figura, ebbene sì, anche il nostro Parco. Gli ambiti presi in considerazione sono 3: Laghetto della Villa Reale, Laghetto della Valle dei Sospiri, tratto di Lambro nel Parco.

“E i gabbiani? Tutti alla Vettabbia?”. Sono le 7.55, nessun gabbiano in vista al Laghetto. Il pensiero va alla Vettabbia. Il sito è localizzato nella zona di Chiaravalle, che rimanda di suo a memorie di acque lombarde del passato; in questi giorni, solerti frequentatori parlano di 10mila gabbiani ivi presenti. Minga maa. Qui dobbiamo aspettare le 8.15 per vedere materializzarsi qualche esemplare: gabbiani comuni, recita la sistematica, e in numero di 38.
E i numeri, in generale, non sono alti, più o meno il linea con gli ultimi anni.

Le anatre mandarine – ever green, passatemi il forestierismo, per obiettivi e fotografi – latitano in questo angolo dei Giardini. Si faranno vive lungo le sponde del vecchio Lambro, come vuole usanza degli ultimi mesi. E il totale finale sarà pari a 29: i maschi sono 17, le femmine 12.

Il germano reale la fa, va da sé, da padrone: 165, tra Villa Reale e Lambro. Le anatre germanate sono 7: il termine indica i germani dai colori pasticciati, risultato di incroci e ibridazioni in cattività. Oltre agli appena citati, il Laghetto della Villa ospita altro materiale di origine domestica: oca cigno (2 individui), oca domestica (5), anatra domestica (2).

L’airone cenerino limita il suo contingente a 2. Come è noto, nel Parco sarebbero di più. Ma va annotato che il censimento si limita a prendere in considerazione gli ambienti citati, e non copre tutto il sito.

Ai 38 gabbiani comuni contati al Laghetto della Villa vanno aggiunti altri esemplari: il totale fa 56.

Alla passione per le mandarine, altri aggiungono interesse per l’anatra sposa. Sparita, sembrerebbe, dopo i recenti onori sulle cronache monsciasche. Nossignori, la nostra farà la sua apparizione nel finale – come vorrebbe facile spunto romanzesco – e lo fa con stile: maschio e femmina.

Detto delle gallinelle – sono 7 –, rimane il cormorano: 1 individuo, localizzato nel Laghetto della Villa. Ma per cormorani e gabbiani i conteggi presi in considerazione sono quelli svolti al tramonto nei dormitori, ovvero nei luoghi dove si concentrano per trascorrere la note. Per i posatoi notturni dei gabbiani più vicini bisogna portarsi in quel del Lecchese. Per il cormorano, abbiamo anche una località dalle nostre parti. E per questo rimandiamo ad altre puntate. Col ricordo di una piacevole sbinocolata, accompagnata da usuali brividi: bruschi movimenti dei nostri acquatici possono rendere i conteggi duro e complicato cimento.


Matteo Barattieri






domenica 13 gennaio 2019

13 gennaio 2019 PENNUTI COLORATI ED ESOTICI AL PARCO DI MONZA - parte quarta PARROCCHETTI DAL COLLARE

Foto di Mario Cerchiai

Il quotidiano Il Giorno di questa settimana pubblica un articolo sui pappagalli presenti nel Parco.
Vale la pena di aggiungere qualche chiosa.
24 novembre 2015. Il bravo Francesco “Checco” Ornaghi segnala per la prima volta la presenza della specie nel nostro Parco. il dato arriva su piattaforme e gruppi di posta elettronica dedicati. Roba da addetti ai lavori, tant per intendass. Ai non addetti ai lavori serve tuttavia qualche coordinata in più.
Parrocchetto dal collare: questo il nome della specie. L’aspetto è quello tipico dei pappagalli. Il collare è in realtà un semicollare, come spiegano i manuali: una striscia a semicerchio, di colore rosa, che corre per buona parte del collo. È caratteristica del maschio, ed è invece assente nella femmina.
La specie è di origine esotica, e si è diffusa in varie parti d’Europa tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. Viene considerata naturalizzata, anche in Italia: ormai acclimatata da tempo, nidifica anche nel nostro paese. Naturalizzata, però, non significa in equilibrio. Si tratta, in primo luogo, di un processo non naturale. A diffondere la specie nel nostro continente sono state introduzioni legate all’attività dell’uomo: esemplari scappati da allevamenti e situazioni affini. La specie è quindi possibile causa di impatti ecologici.
La specie utilizza cavità per nidificare: si possono quindi avere situazioni di competizione con uccelli indigeni. In aree agricole, l’impatto negativo può riguardare le colture. Tutte situazioni da tenere presenti. A Roma, vivono e prosperano due specie di parrocchetti: il parrocchetto dal collare e il parrocchetto monaco. Le loro concentrazioni (migliaia di individui) creano ormai un forte disturbo acustico.
In varie zone d’Italia si riproduce: Liguria, Campania, Roma, Sicilia, Puglia… Nella provincia di Monza e Brianza è nidificante, nell’area di Cesano Maderno. Mancano dati di nidificazione certa per il Parco di Monza. Non lontano dalla nostra città, ha nidificato a Bresso (2017).
Specie da tenere d’occhio, quindi. E da qui l’invito a tutti: documentare la avvenuta nidificazione sarebbe dato di interesse.
Accanto alle belle istantanee – scattate il 28 dicembre 2018 – di Mario Cerchiai, che va ringraziato, un paio di mappe. Mostrano le segnalazioni della specie negli ultimi 15 giorni.

Questa carta mostra i confini delle province.

Notare la concentrazione dei dati per Monza e Brianza . Le carte sono generate dalla piattaforma ornitho (https://www.ornitho.it/)

Matteo Barattieri

sabato 5 gennaio 2019

5 gennaio 2019 Anatra mandarina. Monza batte New York



Anatra mandarina: Monza batte New York

Central Park (New York City). Tutti pazzi per l’anatra mandarina.
Le connessioni e le affinità tra il nostro Parco e Central Park non mancano, a cominciare dall’origine ottocentesca dal disegno complesso che caratterizza entrambi i monumenti, e per finire con il profondo affetto dello scrivente per entrambi. Da un lato, il legame con il nostro Parco quale elemento centrale della mia esistenza; dall’altro, una affezione che mi ha portato a varcarne più volte i confini nell’ultimo anno e mezzo: 3 viaggi a New York 3, dal luglio 2017 a oggi, con una addetta ad uno dei centri informazioni a soprannominarmi “Central Park fan”, con annesso piccolo omaggio.

E’ il 10 ottobre 2018, a Central Park viene segnalata un’anatra mandarina, un maschio. L’origine dell’individuo è avvolta nel mistero. La specie ha il suo areale di origine in un’area compresa tra la Siberia Orientale, la Cina e il Giappone. Da lì, è stata introdotta nel tempo – i colori del maschio la rendono irresistibile all’occhio umano come abbellimento di laghetti e simili, in parchi e giardini – in varie parti, a cominciare dall’Europa: in UK, esiste da lustri una popolazione consistente, tale da rendere la specie naturalizzata. Anche in Italia è considerata naturalizzata da qualche anno: una delle principali popolazioni, forse la principale, è ospitata dal nostro Parco di Monza, per la gioia dei fotografi.

L’attrazione per l’esercito delle digitali è forte in ogni landa. E ha raggiunto livelli da noi inimmaginabili a Central Park: le cronache riportano di viaggi di 2 ore e mezza in treno per raggiungere il sito, e di assembramenti sulle rive dello specchio d’acqua abbellito dal volatile. Su tutto, va da sé, la passione per il birdwatching che contraddistingue la schiatta anglosassone, per la quale l’osservazione (e la fotografia) degli uccelli è vero e proprio sport popolare. Un esemplare solo, comunque: per il momento il nostro Parco mantiene la sua supremazia su Manhattan.

Tra i miei contatti newyorkesi figura Barbara Sicuranza, attrice, scrittrice, regista. La simpatica Barbara è divenuta da subito grande appassionata della mandarina di Manhattan. Incidentalmente, la nostra è anche moglie di Chris Stein, fondatore, chitarra, mente e anima dei Blondie. Barbara non manca di fotografare la stella pennuta del momento. Già, le foto: per fortuna la sua macchina digitale funziona ancora, nonostante la avessi fatta cadere, per sbaglio, nel backstage di un concerto Blondie in quel di Philadelphia. Ma queste, va da sé, sono altre storie.

Matteo Barattieri