sabato 27 febbraio 2021

I rondoni e le sterne non sono stolidi, è l'antropocentrismo che è un'idea sballata - di Mauro Banfi

(Ospitiamo molto volentieri uno scritto del grande Mauro Banfi, pubblicato sulla pagina Facebook Monumenti Vivi Lombardia) 


I rondoni e le sterne non sono stolidi, è l'antropocentrismo che è un'idea sballata.

Commento al primo capitolo delle "Spigolature di traduzione in italiano corrente dall'opuscolo sul rondone comune di Lazzaro Spallanzani":

"La loro noncuranza di scappare dai fori dove hanno i loro nidi, se vengono sorpresi dagli esseri umani.

Se questa disinvoltura derivi dall'ottusità dell'istinto naturale."

Per la Treccani il termine stolido significa "che ha o dimostra mancanza d’intelligenza", qualcosa di simile a ottuso, tardo di mente.

Sempre la Treccani recita che la Sterna Stolida "L'Anous stolidus o Sterna stolida L. è chiamata dai marinai rondine di mare stolida, perché teme così poco la presenza dell'uomo, da sembrare stupida. Il piumaggio generale è bruno fuligginoso colla cervice cenerino-chiaro, l'ala è lunga 280 mm. Abita i mari tropicali e subtropicali, giungendo anche talora nei climi freddi, fino nel mare d'Irlanda."

Dopo aver parlato quasi con meraviglia del rondone per molte righe improvvisamente il nostro Abate naturalista paragona il rondone alla Sterna Stolida, come dice l'originale:

"I rondoni entrati ne’ loro buchi, sia durante l’accoppiamento, sia quando covan le uova, oppur danno l’imbeccata, sono talmente inetti e stupidi, che non solamente non fuggono all’aspetto dell’uomo, ma come ho veduto fuggire i passeri nel momento che apriva lo sportelletto delle picciole celle, dove avevano i nidi, ma neppur si muovon di luogo."

"Le sterne abitatrici per lo più del mare, quella in ispezie che chiamiamo stolida, per lasciarsi prender dagli uomini, senza darsi pensiere di fuggire, avvalora la mia spiegazione, mentrecché essendo esse pure d’ali lunghissime, sono estremamente tarde a spiccare il volo."

Uccelli inetti, stupidi, stolidi non solo perchè le loro lunghe ali e la ristrettezza dell'andito del nido, nel caso del rondone, impediscono loro un rapido decollo, ma perchè "non solamente non fuggono all'aspetto dell'uomo".

Per Spallanzani l'animale che si fida dell'uomo è stupido, e non ha certo tutti i torti, considerando che razza di predatore feroce è l'uomo; ma cerchiamo di capire l'idea che lo muove.

Dalle mie parti, quando gli animali cominciano a ricevere epiteti camuffati da teorie scientifiche più o meno fondate, vuol dire che stanno per fare una brutta fine.

Sulle grida dei giornali scandalistici della mia zona appaiono titolo deliranti del tipo " i cinghiali, feroci predatori carnivori notturni, hanno attaccato e azzannato un cane e il suo padrone"; "branchi devastanti di caprioli sono penetrati nottetempo nell'orto del Sig. Pendulari e hanno razziato tutti gli ortaggi".

Pochi giorni dopo molti cinghiali e caprioli finiscono in pentola.

Questi sono i primi sintomi di quello che viene chiamato "l'atteggiamento prometeico", conosciuto anche come "atteggiamento antropocentrico".

E prima di fare un passo indietro di venticinque secoli, per comprendere la storia di questo atteggiamento, è bene ricordare che anche le sterne e tanti rondoni "stolidi" finivano nelle pentole e sulle tavole.

Questo atteggiamento è stato studiato e divulgato, insieme al suo antidoto, l'atteggiamento "orfico", dal bellissimo libro del filosofo Pierre Hadot, "Il velo d'Iside", che vi suggerisco vivamente di leggere in supporto a questa mia guida, unitamente all'opuscolo di Lazzaro Spallanzani sul rondone comune, che potete scaricare nella sezione "file", qua su Monumenti Vivi Lombardia.

Ritorniamo a Efeso e all'aforisma di Eraclito contenuto in un rotolo di pergamena: "la natura ama nascondersi", lasciato da Eraclito in omaggio ad Artemide, la Grande Madre di tutte le creature.

La Natura è sopratutto segreto: una serie di enigmi, misteri, virtualità e possibilità, accanto ai quali viviamo senza conoscerli. 

Perché la Natura si nasconde? Perché ama ciò che sta nelle profondità di un pozzo, o si cela dietro i veli? 

La spiegazione di Eraclito era la seguente: ciò che è nascosto e invisibile ha molto più rilievo e importanza di quanto è apparente e visibile. Nascondersi è il primo desiderio della Natura e della Verità. 

Se poi, come pensavano i presocratici, la Natura è divina e piena di Dei, tanto più deve essere velata e inconoscibile. 

Dunque, noi non la scorgiamo. 

Nel caso che si rivelasse di colpo, noi correremmo un rischio gravissimo. Da un lato, il suo volto è così terrificante, che non potremmo sopportarlo e verremmo distrutti. Dall' altra, è così bello e radioso, che, come il sole, lo possiamo vedere soltanto celato da veli o da una stoffa cangiante o riflesso in uno specchio. 

Per nessuna ragione e in nessuna condizione, ci è lecito sollevare questo velo. 

Prometeo,  il  figlio del titano Giapeto, secondo Esiodo rubò agli dèi un fulmine e il segreto del fuoco per migliorare la vita degli uomini; secondo Eschilo e Platone fece dono all'umanità della tecnica e della civilizzazione ottenute violando i segreti della natura divina.

Già nell'antichità greca dopo i presocratici, e nel Medioevo, la Natura perse il suo carattere divino, e poi quello di organismo vivente, dove il sole, la luna, le stelle, le acque, gli alberi, gli animali erano legati da rapporti così interconnessi e interdipendenti da trasformarsi quasi in una creatura unica. 

Leonardo da Vinci fu l'ultimo microcosmo a sentire vivo quel Macrocosmo.

La Natura diventò un Meccanismo: una specie di immenso ingranaggio. All' inizio dei tempi, Dio aveva creato questa grande Macchina: Lui era il grande Meccanico e il supremo Ingegnere, che aveva imposto alla propria creatura le leggi matematiche alle quali obbedire. 

Che cosa era successo?

I primi scienziati avevano preso in prestito dalla Bibbia, un libro che tratta in verità di spiritualità e religione e non di metodi scientifici per i laboratori, delle frasi prese a caso da usare come giustificazioni a discutibili metodi operativi sul campo:

«Quando Dio creò l’uomo, lo fece simile a sé. Lo creò maschio e femmina, li benedisse, e quando furono creati pose loro il nome di “Uomo”» (Gen. 5, 1-2).

"Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza:

E DIO li benedisse; e DIO disse loro: «Siate fruttiferi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e sopra ogni essere vivente che si muove sulla terra»."

Genesi 1, 27-28

Quelli che fanno venire i brividi sono sopratutto quei due verbi: soggiogare e dominare.

Questi primi scienziati sperimentali, interessati al controllo e al dominio della "materia" (questo era Artemide per loro) sollevarono, uno dopo l' altro, i veli della Natura e, giocando d' astuzia con lei e utilizzando i principii della matematica, rivelarono i segreti nascosti. Come diceva Francesco Bacone, la ricerca scientifica diventò una specie di processo. La Natura stava sul banco degli accusati: gli scienziati la scrutavano, la studiavano, le rivolgevano domande, interrogavano testimoni, talvolta la torturavano, per strapparle i misteri, di cui era così gelosa. Qualcuno protestò. Questa violazione non era piena di pericoli per l' uomo e un peccato contro Dio? La spietata ricerca non rischiava di distruggere la natura e l' uomo? 

Quegli scienziati risposero che essi obbedivano alle parole di Dio, quando aveva detto ad Adamo ed Eva: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra e sottomettete la terra, soggiogando i pesci del mare e gli uccelli del cielo e ogni essere che striscia». Così l' uomo aveva dato i nomi alle creature, diventando, diceva Keplero, «il signore delle opere di Dio». Cercava segreti, scopriva misteri, trovava le leggi della Grande Macchina, le nominava. E la giustificazione veniva dalla Bibbia:

"Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome."

(Genesi cap. 2, 19).


L'atteggiamento antropocentrico e prometeico ha condannato l’uomo a una posizione isolata nel mondo: per far questo ha rinnegato l’animalità dentro e fuori di lui. Cartesio ci ha detto che gli animali sono soltanto pezzetti di spazio, e possiamo quindi stupirci se sterne e rondoni vengono chiamati "stolidi" prima di essere messi in pentola o di subire terribili esperimenti "scientifici", di cui parleremo nel prosieguo della guida?

Per grazia di Artemide però l'essere umano non è capace solo d'indifferenza o di tracotanti atteggiamenti prometeici, ma anche di idee meno sballate e isolazioniste come l'atteggiamento orfico, e ne parleremo nel prossimo capitolo e vedremo come lo stesso reverendo biologo è capace nell'opuscolo di momenti di toccante empatia con i rondoni, come nella gioiosa esperienza di Fanano (quella palazzina, adibita alle sue osservazioni, andrebbe dichiarata monumento nazionale alla biodiversità) o quando Lazzaro resta meravigliato dalla gioia del volo del rondone dentro le tempeste, una loro capacità che ho anch'io osservato a Pavia diverse volte, innamorandomi per sempre di questo "libero signore dell'aria" e diventando suo cavaliere servente.

Spallanzani era una brava persona, dotata di enormi capacità umane come la disciplina e l'intuito, ma ha commesso degli sbagli orribili manipolato dall'idea sballata dell'antropocentrismo.

Spesso nella storia idee mediocri rovinano grandi uomini.

Di questi errori e dell'antidoto che suggerisco agli stessi andremo a parlare nel secondo capitolo.

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