Il nostro Parco è chiuso per l'emergenza. Ci manca. E allora: una serie di testi e immagini per alleviare la nostalgia.
Ognuno ha, come si dice, i riferimenti culturali che si merita. Correvano gli anni '70. Impera l'olandesite. Ve li ricordate, immagino: Cruijff, Neeskens, Rensenbrink, Van Hanegem. La grande nazionale olandese: quelli che rivoluzionarono il calcio. Non è questa la sede, va da sé. Ma io inviterei a recuperare filmati della Grande Ungheria anni '50. O a ripassare la storia della pedata, concentrando l'attenzione sui grandi tecnici anni '20 e '30 della comunità ebrea di Vienna e dintorni. Si scoprirebbero altri interessanti rivoluzionari.
"Dai, ragazzi, di corsa su e giù per la collina...", incitavo i fanciulli delle settimane verde estive al Parco, qualche tempo fa. Eh, sì: all'epoca - i summenzionati anni '70 -, ero rimasto colpito da quella che - chissà - magari era una leggenda metropolitana: i giocatori dell'Ajax (principale serbatoio della nazionale orange) facevano su è giù i gradini dello stadio per allenarsi. E allora: ogni occasione è buona per riproporre lo schema. E i ragazzi non si risparmiavano: le andate e ritorno alla fine, non si contavano più per non pochi effettivi dei gruppi.
Lo scenario, nella fattispecie, altro non è che la Collinetta di Vedano, o Montagnetta, come la chiama qualcuno. Il sito è ben noto a tanti, se non a tutti. Siamo a poca distanza dalla Porta di Vedano del nostro Parco.
La genesi della altura rimanda direttamente alle origini del Parco. Siamo agli inizi dell'800. I progettisti del complesso monumentale hanno già in agenda la realizzazione di una collina artificiale, fatta con terra di riporto, in questa zona. La funzione è ben precisa: un belvedere. Non è l'unico nel nostro Parco. Al solito, tema da riprendere. E la Collinetta è già presente, come vediamo nella mappa del 1815, opera del Canonica, uno degli architetti che lavorò alla progettazione del Parco. La carta citata mostra lo stato di fatto.
Sulla carta appaiono dei filari. Si tratta di viti, messe in posto per fini estetici. Va ricordato comunque che vaste estensioni del Parco erano coltivate a viti.
Successivamente, sulla sommità della Collinetta venne insediata una struttura in metallo con tanto di tetto: un terrazzo per gustare la vista su tutta l'area. Non conosciamo l'anno esatto di costruzione. Il manufatto appare su una delle litografie opera del Sanquirico, che ritrasse diverse vedute del Parco. La pubblicazione del Sanquirico esce nel 1830: possiamo quindi collocare la costruzione tra il 1815 e il 1830.
Nella carta del Brenna - parentesi personale: sono un tifoso del Brenna, per rimanere, almeno col gergo, in ambito calcistico - del 1845, la struttura di cui sopra viene riportata col nome di Tempietto della collina.
La decadenza del Parco, dopo l'abbandono dei Savoia, non risparmia nemmeno la Collinetta.
Negli anni '50, la moda delle piantumazioni a conifere coinvolge anche questa parte del Parco - e non solo -: sulla Collinetta sorge un impianto ad abete rosso. Il boschetto artificiale durerà a lungo, subendo però un pesante attacco di un parassita nel 2003.
La foto da satellite (Google Earth) mostra la situazione nel 2004 (10 dicembre): il bosco avvolge tutta la Collinetta.
Nella prima metà del decennio scorso, si decide di riportare la Collinetta agli antichi splendori.
Il lavoro viene condotto da Claudio Corazzin, agronomo. Il lavoro di Corazzin è molto meticoloso. Punto di partenza una indagine storica. Con microrilievi molto spinti: in alcuni punti anche a livello dei 2x2 metri. L'analisi dei dati mostra che il disegno dei gradoni ottocenteschi è ancora abbastanza conservato. I gradoni erano delimitati da muri in Ceppo Lombardo (una delle rocce più tipiche del nostro territorio). Parte di queste strutture sono ancora conservate. Se salite sulla Collinetta, li riconoscete immediatamente.
Corazzin, coi suoi collaboratori, decide di riproporre la situazione del passato. Rimettere in piedi la pineta non avrebbe senso. Riproporre le viti? L'idea viene da subito scartata: i costi di trattamento e manutenzione sarebbero rilevanti.
La scelta ricade sul ribes (Ribes spicatum): pianta abbastanza robusta. Nel 2006, il lavoro viene svolto e sarà presentato l'anno dopo.
Il tempietto dei tempi andati? Non ci sono i fondi. Al suo posto: 4 gelsi, con l'obiettivo che le loro chiome, crescendo, si intreccino a formare una specie di tettoia vegetale.
L'immagine (sempre Google Earth) mostra la situazione all'inizio del 2019 (il 5 gennaio).
La Collinetta, però, nasconde interessanti storie di rapaci: alla prossima puntata.
I gradini intanto sono ancora lì, per chi volesse emulare Cruijff e compari. E che lo spirito del grande Johan sia con voi.
alla prossima
Matteo Barattieri - Comitato per il Parco di Monza
Ma che fine hanno fatto le piante di ribes? Mi sembra che la manutenzione lasci molto a desiderare.
RispondiEliminaRicostruire il chiosco secondo i disegni non sarebbe male. Meglio che buttare via i soldi per rifare l'insellaggio.
Ciao!
Giacomo