Il nostro Parco è chiuso per l'emergenza. Ci manca. E allora: una serie di testi e immagini per alleviare la nostalgia.
Il termine roccolo indica una struttura tipica delle nostre zone. Diffusi tra Lombardia e Veneto, sono noti dal XV secolo. Si tratta di una struttura formata da elementi vegetali. Hanno pianta circolare o rettangolare. All'esterno, abbiamo una serie di alberi disposti a formare una architettura: solitamente sono piantati a formare due filari che corrono tra loro paralleli. Generalmente, si utilizza il carpino, per le sua buona capacità di adattarsi alle potature e per la sua resistenza. Non solo: d'inverno tende a mantenere il fogliame secco. L'insieme di questi alberi crea una sorta di pergolato. L'area all'interno è occupata da piante, in genere arbusti, gradite dagli uccelli perchè produttrici di frutti e bacche. All'insieme di elementi vegetali, veniva aggiunta una costruzione, in legno o in pietra. Si tratta di una torretta o di un capanno.
I roccoli nacquero come strutture per la caccia. Le architetture vegetali descritte servivano a nascondere le reti per la cattura degli uccelli. Gli arbusti e, più in generale, le piante produttrici di bacche e frutti avevano la funzione di attirare gli uccelli. I periodi di massima attività durante l'anno corrispondevano ai mesi della migrazione.
La torretta - o il capanno - serviva ai cacciatori per stare nascosti e tirare le reti al momento opportuno. Prima di tirare le reti, gli uccelli venivano spaventati, o con dei rumori, o usando un finto rapace o un rapace impagliato. Per attirare le vittime della caccia, si utilizzavano altri uccelli tenuti in gabbiette: coi loro canti attiravano altri volatili.
Questa pratica - da tempo vietata nel nostro paese - potrà sicuramente far storcere il naso a molti. Ma va collocata nei contesti storici. In epoche in cui integrare le diete con della carne non era poi così facile e neppure scontato.
I roccoli erano, in ogni caso, bellissimi esempi di architetture vegetali. Alcuni si conservano ancora, e lo meritano, proprio per il loro valore storico e monumentale. Non solo, però: qualche roccolo è tuttora attivo. Ma non per la caccia: gli uccelli vengono catturati ma per essere inanellati, una procedura molto importante, che permette di raccogliere milioni di dati scientifici, utilissimi per la tutela di tante specie e del territorio. Tra i più noti: Costa Perla su al Monte Barro, e Arosio. Il primo è gestito dal Parco Regionale del Monte Barro, il secondo è privato.
Il nostro Parco ha tuttora un roccolo. O dovremmo dire abbiamo quello che resta di un roccolo. E' localizzato nella zona in concessione all'autodromo. Lo vediamo indicato sulla mappa. Non si hanno molte notizie su questo impianto. Non era compreso nel progetto originario del XIX secolo. Potrebbe essere stato inserito a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Sappiamo che era attivo nella prima metà del secolo scorso. Gli scarni documenti parlano di una concessione rilasciata - dietro pagamento di una quota - ai signori Tagliabue, Gilera e Marelli. La mappa mostra il roccolo attuale. Il prato sui cui sorge prende proprio il nome da questa struttura: Prato del Roccolo.
La struttura di questo roccolo è quella classica. Un doppio filare in carpini ne percorre il perimetro. All'interno abbiamo una serie di alberi e arbusti fruttiferi. Il diametro dell'impianto è di 55 metri circa. Manca qualsiasi traccia della vecchia torretta, che era sicuramente presente.
Nel 2007 si è concluso un lavoro di sistemazione delle alberature, cominciato dopo il 2000. Sono state anche effettuate nuove piantumazioni, a sostituire vecchi alberi malandati. A finanziare in parte i lavori abbiamo contribuito anche noi del Comitato per il Parco: attraverso un contatto con uno sponsor.
Le storie dei nostri roccoli però non si fermano qui. Quello descritto non è l'unico esempio presente nel nostro Parco nel corso della sua storia, come vedremo nella prossima puntata.
alla prossima
Matteo Barattieri - Comitato per il Parco di Monza
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