Il nostro Parco è chiuso per l'emergenza. Ci manca. E allora: una serie di testi e immagini per alleviare la nostalgia
"Potenzialmente, il Parco potrebbe ospitare 12-15 specie di pippi", così il Massimo Favaron, grande naturalista e compagno di non poche avventure sul campo. Ci manca il Favaron, ormai da tanti anni trasferitosi in quel del Parco dello Stelvio.
Pippi? L'espressione è, più o meno, gergale. Indica i chirotteri, per il volgo pipistrelli. Il pensiero va a storie di vampiri. E, immancabile, al romanzo capolavoro Dracula di Bram Stoker. Vampirismo: confesso una attrazione per il tema. Avvezzo a dormire poche ore la notte, attribuisco il costume, per i più inusitato, ad una sorta di versione di vampirismo, personale e sui generis.
Il Parco, diceva il summenzionato Massimo "il dott" Favaron (esperto del settore), potrebbe ospitare un numero non indifferente di specie di pipistrelli. A favorire questo gruppo di mammiferi, le estese porzioni a bosco. Le cavità negli alberi costituiscono buoni rifugi per i pippi. A ciò si aggiunga la presenza di prati che attirano gli insetti, e di ambienti d'acqua: i pipistrelli necessitano di bere.
A tutt'oggi, non abbiamo dati sulle specie presenti: uno studio completo e compiuto non è mai stato effettuato. Pecca non da poco: avere notizie nel settore avrebbe sicura importanza da punto di vista conservazionistico e gestionale. Un quadro della situazione potrebbe guidare gli interventi forestali, in modo da evitare danni a questo gruppo di animali.
A dire il vero, un abbozzo di indagine venne effettuato qualche anno fa. E mi vide clamorosamente coinvolto, e da profano assoluto nel campo. "La Noemi vorrebbe fare un censimento dei pipistrelli nel Parco", mi butta lì l'Ale Riva, altra naturalista di valore, trasferitasi a sua volta (in terra orobica). Noemi Pession, valdostana con ascendenze materne in quel di Milano, è temporaneamente di stanza sotto la Madonnina. Motivi universitari: con specializzazione e tesi sui pipistrelli svolta in aree montane.
E' il giugno 2013. Accetto molto volentieri di dare una mano alla studiosa. Posso solo mettere in campo una conoscenza del luogo. Niente di più.
Studiare i pippi è mica affare semplice. Oltre a muoversi di notte, son tutti uguali, malnati. Il riconoscimento può essere effettuato con l'individuo in mano: bisogna osservare alcuni dettagli morfologici. Esiste un altro metodo. Il bat detector: si tratta di un apparecchio che converte le onde sonore emesse dai pippi in tracce elaborabili con speciali programmi al pc. I programmi forniscono sonogrammi che permettono il riconoscimento della specie o, in molte occasioni, solo del genere.
La Noemi organizza le uscite: seleziona una serie di punti di censimento in cui piazzarsi con l'apparecchiatura. Anche il mio registratore è sul campo, pronto a portare a casa qualche traccia.
Ne verranno fuori alcune uscite. E, contestualmente, diverse registrazioni.
Una è riportata qui, e rimanda ad una pagina internet, da dove potete scaricare il tutto.
Va avanti per qualche sera. Poi il progetto, ahinoi, subisce una (definitiva) interruzione. Cause esterne o di forza maggiore, che dir si voglia.
Poca roba, a dire il vero: bene o male sempre le stesse specie.
La registrazione merita dovuta chiosa. Il suono che udite è, appunto, l'emissione di onde che parte dall'animale. Il suono si allontana e si avvicina: a portarsi vicino o a spostarsi distante è, appunto, l'animale in volo. Al secondo 32, si ode una specie di spernacchiata: il pippi ha ingoiato un insetto in volo.
Sul sonogramma si vede la traccia del suono emesso: è riportato il momento della cattura.
Rimane qualche nota a margine. Sarebbe carino girare per il Parco e cercare cavità degli alberi occupate dai chirotteri. Si riconoscono per la presenza di chiazzate di colore biancastro sul tronco. E l'urina di questi animali, sparata fuori, appena escono la sera dai rifugi. Ci proveremo.
Le serate al Parco videro un intermezzo tra il bizzarro e l'orrido. Altro che Dracula, verrebbe da dire. I classici minuti da brivido. Ma queste, al solito, sono altre storie.
alla prossima
Matteo Barattieri - Comitato per il Parco di Monza
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